IL COLLEGATO LAVORO, STRAPPA GLI ULTIMI DIRITTI DEI LAVORATORI

Lo scorso martedì 9 novembre, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge n. 183 (collegato lavoro) che, di fatto, agisce all’interno del diritto normativo inerente al lavoro. La legge entra in vigore dopo i 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, pertanto, dal 24 novembre 2010 siamo costretti ad osservare questo nuovo ed ulteriore processo della cancellazione dei diritti dei lavoratori. La materia del lavoro è talmente complessa e delicata, che anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è intervenuto rinviando alle Camere il testo di legge, corredato da valide e giuste osservazioni, tanto che, il Parlamento è stato costretto a riesaminare il testo originale. Possiamo tranquillamente affermare, che le modifiche apportate sono state divulgate ad ossequio del Presidente Napolitano, ma nella sostanza non si è assolutamente intaccato le intenzioni della maggioranza dei politici, nel voler smantellare l’esiguo diritto, ancora contenuto nelle normative inerenti al mondo del lavoro. Per fortuna, ancora una volta è fallito l’assalto congiunto dei parlamentari, all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/70), che prevede il reintegro del lavoratore, in caso di licenziamento senza giusta causa o ingiustificato motivo. Il traguardo del Governo, alla luce di quanto sta accadendo, preannuncia alla definitiva abrogazione dello Statuto dei Lavoratori, tanto che, il ministro del Lavoro Sacconi, non a caso ha presentato il testo “Statuto dei Lavori” con l’obbiettivo di sostituirlo al posto dell’attuale legge n. 300/70. Nel nostro Bel Paese, si è sempre sentito il bisogno di tutelare il lavoratore, valutato come la parte più debole rispetto al datore di lavoro privato o pubblico che sia. Per questo motivo, meritevole di precise tutele che possano salvaguardare i suoi diritti.

Gli aspetti che penalizzano ancora una volta i lavoratori sono:

Il nuovo istituto della certificazione;

L’introduzione dell’arbitrato di equità, con clausole compromissorie, le quali stabiliscono che le eventuali controversie future, tra lavoratore e datore di lavoro, saranno rimesse ad “arbitrati” senza tener conto di quanto già previsto da leggi e contratti collettivi;

Le limitazioni, riguardo al ruolo del giudice del lavoro;

Il nuovo sistema delle decadenze in materia di licenziamento, che riguarda e colpisce in particolare i lavoratori precari;

L’abbassamento dell’età per l’apprendistato, ai 15 anni.

La stipula del contratto individuale di lavoro, potrà transitare attraverso la certificazione del rapporto di lavoro, in questo modo, potranno essere precostituite le mansioni, i livelli di inquadramento, i regimi dell’orario di lavoro, ecc., così da poter consentire delle limitazioni a quanto già previsto dai CCNL sulle singole e specifiche materie in tema del lavoro. Questo potrebbe significare, che si potranno certificare rapporti di lavoro con clausole non corrispondenti ai contratti collettivi di categoria, con modifiche sostanziali che possano legittimare addirittura un veloce licenziamento, anche a seguito di semplici richiami disciplinari, fino ad oggi, non previsto da nessun CCNL di categoria. Inoltre, sarà possibile introdurre in queste “clausole compromissorie”, di rinviare le eventuali contestazioni sollevate dal lavoratore, non più al Giudice del Lavoro (precostituito per legge Art. 25 Cost.), ma ad un Collegio Arbitrale che potrà decidere “secondo equità” emettendo una sentenza inappellabile, con la facoltà di aggirare le leggi e le norme previste nei Contratti Nazionali di Categoria. L’elemento più critico, è che il lavoratore si troverà obbligato a sottoscrivere una scelta sull’arbitrato, prima ancora che una qualsiasi controversia sia avvenuta! Ovvero, firma una deroga al buio verso una risoluzione indiscutibilmente al peggio, in caso di controversia con il datore di lavoro. Lascia perplessi, anche l’impossibilità del lavoratore di rivolgersi al Giudice del Lavoro, in caso di stipula della “clausola compromissoria” dopo il periodo dei 30 giorni di prova dalla data d’inizio del rapporto di lavoro, violando così, il diritto stabilito dalla Corte Costituzionale, che riconosce il ricorso “in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” (Art. 24 Cost.). Come anche, la norma approvata è antitetica alla giurisprudenza della Corte Costituzionale. E’ prevista anche una seconda possibilità, che questa clausola compromissoria può essere stabilita in accordi interconfederali o da contratti collettivi di lavoro, stipulati dalle Organizzazioni Sindacali Rappresentative sul piano Nazionale. Il Ministro del Lavoro, dopo dodici mesi dall’entrata in vigore della legge e, in assenza di accordi collettivi, potrà individuare attraverso un proprio decreto, le modalità di attuazione delle disposizioni. Questo significa, che il Ministro del Lavoro anche in assenza di un accordo tra la parte datoriale ed il lavoratore, potrà comunque procedere. Con questa nuova legge, si limita anche il controllo giudiziale e il regime delle decadenze, infatti, l’Art. 30 stabilisce che tutte le regole in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, di compito dei poteri datoriali, trasferimento d’azienda o recesso, il controllo del Giudice viene limitato all’accertamento del presupposto di conformità, escludendo, di fatto, un controllo di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che sono di competenza del datore di lavoro. E’ previsto anche un nuovo sistema di decadenze, che potrà creare altre difficoltà ai lavoratori, difatti accanto al termine di sessanta giorni, come previsto per legge, l’eventuale impugnazione del licenziamento diverrà inefficace, se non seguirà entro il termine dei duecentosettanta giorni il deposito del ricorso presso la Cancelleria del Tribunale, che diventano invece sessanta giorni, nel caso la conciliazione o l’arbitrato vengano rifiutati. Inoltre, le risoluzioni del rapporto di lavoro sono legate anche alle questioni relative alla qualificazione, dai recessi dei committenti nei rapporti di collaborazione a progetto, per trasferimenti ai sensi dell’art. 2103 del Codice Civile e per i contratti a termine. Per i contratti a termine, in particolare, non è prevista la possibilità di poter impugnare l’intera sequenza di più contratti, ma solo l’ultimo! Nel caso di una sentenza favorevole, il Giudice non può andare oltre il riconoscimento del rapporto a tempo determinato, con l’indicazione di un risarcimento omnicomprensivo tra 2,5 e al massimo 12 mensilità. Questo, verrà applicato anche in modo retroattivo, salvo che non si agisca entro i 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Da tutto questo, emerge chiaramente un piano per aumentare sempre di più i contratti individuali di lavoro, con clausole sfavorevoli per i lavoratori. Ovviamente, questo serve per poter aggirare l’ostacolo dei Contratti Nazionali di Categoria, attraverso i quali fino ad oggi, il lavoratore è posizionato in una condizione paritetica con il datore di lavoro.    

Paola SARACENI                                              Francesco PRUDENZANO

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Redazione
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