PER IL RILANCIO DI PORDENONE. INTERVENTO DEL SEGRETARIO REGIONALE FVG DI FEDERAZIONE INTESA

consiglio comunale pnIntervento del nostro Segretario Regionale, Ennio Ferrari, al Consiglio Provinciale di Pordenone il 9 ottobre scorso in seduta aperta.

“Un doveroso ringraziamento va rivolto a questo Consiglio, al suo presidente, per avere offerto questa occasione alle forze politiche, alle categorie economico-produttive, alle associazioni, ai sindacati, ai cittadini tutti, per discutere e lavorare su un tema che penso stia a cuore a tutti.

Mi presento, sono Ennio Ferrari, segretario regionale della Federazione Intesa, sindacato autonomo, rappresentativo nel comparto Ministeri, primo sindacato autonomo nel Ministero dell’Interno.

Il mio intervento non toccherà il tema del personale, dei lavoratori.

Anche se molti lo ignorano, anche se qualcuno cerca di nasconderlo, è già definito dalla legge quale potrebbe essere l’esito nel caso di esuberi, di eccedenze senza possibilità di ricollocazione e/o prepensionamento: l’estinzione del rapporto di lavoro. Il licenziamento, nel pubblico impiego, c’è.

Ovviamente una simile prospettiva affascina certa opinione pubblica superficiale, direi mediocre, che non si rende conto che chiusura di uffici, mobilità, licenziamento di dipendenti pubblici significa, tra l’altro,  meno gente che spende sul territorio, meno tasse e tributi locali versati, meno gente che investe, magari comprando casa e, al contrario più gente che probabilmente si vede costretta ad andarsene… insomma un ulteriore depauperamento del territorio.

Ma, ripeto, su questo tema, che in altre sedi seguiamo e seguiremo come sindacato, non mi voglio soffermare, anche perché l’argomento di questa sera certamente trae spunto dalla prospettiva di chiusura, di ridimensionamento di amministrazioni pubbliche, ma ha una portata molto più ampia e pregnante.

Riguarda, in particolare le prospettive, il futuro di un territorio, il suo rilancio, gli assetti che verranno, le proposte e le iniziative volte a superare la crisi economico-occupazionale. Dovrebbe essere un’occasione per incominciare a tracciare un progetto che guarda lontano, volto a individuare le strategie da mettere in campo per rilanciare il pordenonese, per dare, ad esempio, ai giovani  gli strumenti e le opportunità per costruire il loro futuro nella loro terra.

Per questo mi dispiace dover constatare che il tema della salvaguardia del territorio pordenonese, già da tempo oggetto di discussione, ora riacceso dalla ventilata ipotesi di chiusura della Prefettura, della Questura, del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, della Camera di Commercio, sta diventando terreno di scontro tra gli schieramenti politici.

Dovrebbe essere un tema sul quale creare convergenze, proposte unitarie, e invece viene strumentalizzato per finalità che guardano al presente, si limitano al piccolo cabotaggio in acque stagnanti, invece di puntare al mare aperto.

Invece di impegnarsi per sviluppare idee e proposte concrete, si pensa a come trarre vantaggio in vista di un appuntamento dietro l’angolo per assicurarsi una poltroncina in prima o seconda o terza fila…

Ma ci si rende conto che, di questo passo, chi avrà responsabilità in questo territorio, si troverà ad amministrare una realtà marginale, periferica rispetto ad un baricentro regionale orientato ad est?

A questo  proposito, consentitemelo, qualcuno dovrebbe spiegare come mai una parlamentare ha avuto l’avvedutezza di “blindare” Gorizia con un piccolo ma significativo emendamento in Senato e nessuno ha pensato anche a Pordenone?

E’ una constatazione oggettiva, non una polemica.

E’ forse un segreto che i migranti attraversano i confini e riescono spesso ad arrivare indisturbati fino a Pordenone? Non è la Regione Friuli Venezia Giulia una regione di confine?

E in questa regione non è  Pordenone ad avere il maggior numero di stranieri residenti? Sono il 10,8% della popolazione residente al 1° gennaio 2015, rispetto  all’8,9% di Gorizia, all’8,5% di Trieste e al 7,7% di Udine.

Sui temi del rilancio del pordenonese, sulle proposte e progetti per il rilancio del territorio, certamente altri interverranno.

Personalmente mi voglio soffermare su alcuni aspetti utili a meglio comprendere le conseguenze dell’arretramento dello stato sul territorio.

Leggo ogni giorno tante dichiarazioni condite da molte inesattezze.

Ricordo, in primo luogo, che le Prefetture non vengono e non verranno soppresse tutte (che senso avrebbe un Ministero dell’Interno senza Prefetture) e le competenze attuali, fino a quando non vi saranno interventi legislativi specifici, non potranno che essere svolte sempre ed esclusivamente dalle Prefetture.

Sbaglia, pertanto, clamorosamente chi ritiene  che le attività possano essere trasferite ad altre amministrazioni. Non dimentichiamo, inoltre, che la legge 124/2015 (la cosiddetta riforma Madia) estende ulteriormente le competenze delle Prefetture che annoverano già  circa 270 tra attività e procedimenti amministrativi.

Quali sono? Vi dicono nulla  il contenzioso in materia di circolazione stradale, le problematiche dell’immigrazione e della cittadinanza, le licenze di polizia in materia di armi, esplosivi, guardie giurate, istituti di vigilanza e investigazione, la depenalizzazione, le competenze in materia elettorale, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, il coordinamento delle Forze di Polizia, la certificazione antimafia, la prevenzione della corruzione, il raccordo con gli enti locali, le pianificazioni di emergenza per i rischi di incidenti rilevanti negli impianti industriali, le bonifiche degli ordigni residuati bellici, le procedure di raffreddamento dei conflitti del lavoro, l’impiego industriale di apparecchiature radiologiche, il coordinamento della ricerca delle persone scomparse, addirittura il lancio di paracadutisti, ecc. ecc. ecc.

Sgombriamo poi il campo dalla peregrina, ma diffusa, convinzione che questa amministrazione sia superata, obsoleta, inutile, soprattutto con le moderne tecnologie disponibili. A questo proposito sarebbe il caso di fare un sondaggio tra l’utenza della Prefettura.

Chiudere una Prefettura significa, per le istituzioni locali, per le categorie produttive, per le forze sociali, per il cittadino, perdere il punto di raccordo più immediato con il Governo.

Significa il declassamento della Questura a Commissariato, il declassamento dei Comandi Provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco, con  fisiologica riduzione degli organici perché la legge prevede, sul territorio, un Prefetto, un Questore, un Comandante Prov.le dei VV.F.,  dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Questi saranno, nel caso di attuazione dei tagli,  tutti a Udine e lì si dovranno rivolgere i cittadini e i rappresentanti degli enti locali.

Ma il cittadino, quando non trova riscontro nelle istituzioni locali, quando non riceve risposta, quando si rende conto che ogni suo sforzo è vano per far valere le sue ragioni, prima di rivolgersi alla Magistratura, a chi chiede aiuto se non al Prefetto?

Insomma tutto ciò significa riportare indietro il territorio, significa che ci saranno territori di serie A, di serie B e di serie C, a seconda del livello, del numero e della qualità di uffici presenti, perché la bozza di DPR divulgata  non fa che applicare un taglio lineare, incoerente e illogico, visto che in ogni realtà locale, ci sarà una presenza disomogenea di Uffici.

A Pordenone se non ci saranno Prefettura, Questura e Comandi Provinciali, però ci saranno, Tribunale e Procura, competenti addirittura su una parte della provincia di Venezia, ci sarà la Direzione Territoriale del Lavoro in ragione del fitto tessuto di attività economiche, l’Archivio di Stato, la Ragioneria Territoriale dello Stato… almeno per il momento. In un futuro prossimo, quando verrà data attuazione alla legge 124 del 2015, cosa resterà?

L’unico criterio seguito è verosimilmente quello dettato dai conti della spesa.

Per fare un esempio a Fermo e ad Enna il canone di locazione delle sedi delle Prefetture ammonta a 400 mila euro l’anno.

Pertanto, se il quadro che si andrebbe delineando attuando i tagli previsti dalla bozza di DPR, è quello del caos istituzionale sul territorio nazionale, perché non ricondurre il tutto nell’alveo della legge n. 124 del 2015 recante la riorganizzazione della pubblica amministrazione?

Ciò consentirebbe di realizzare una rete di Uffici omogenea e coerente, senza penalizzare o premiare le varie realtà territoriali.

In questo senso si stanno muovendo numerosi parlamentari esponenti delle città interessate che hanno già incontrato la ministra Madia.

Credo, anche, sia pervenuta la lettera del  Presidente della Provincia di Fermo indirizzata ai Presidenti delle altre  22 province, che offre interessanti spunti di riflessione e proposte operative concrete che spero, verranno recepite.

Potrei soffermarmi sulle perplessità che la bozza di DPR suscita a causa di alcuni riferimenti normativi incoerenti se non addirittura contraddittori,  potrei ricordare il ruolo svolto dalla Prefettura di mediazione e di informazione sugli affari economico-sociali per fronteggiare la potenziale insorgenza di conflitti sociali, la presenza nel territorio pordenonese di fonti di rischio naturale e antropico (zone a rischio di dissesto idrogeologico, a rischio sismico), la base aerea di Aviano da considerare sia sotto il profilo della sicurezza e del coordinamento delle forze dell’ordine in quanto potenziale obiettivo di azioni e/o manifestazioni anche violente, sia per il necessario raccordo e coordinamento con le autorità militari USA,

ma chiudo ricordando che il cambiamento non lo possiamo rifiutare.

Tutti lo invochiamo, purchè si inizi da qualcun altro, non da noi.

Questo non è possibile. E non è possibile pensare di porsi, rispetto al cambiamento, in una logica di preclusione pura e semplice. Non si va da nessuna parte e, anzi, si corre il rischio di instaurare contrapposizioni e irrigidimenti fuorvianti rispetto alle reali esigenze da garantire al territorio.

La strada maestra da percorrere non può essere che quella della condivisione degli obiettivi da parte degli esponenti di tutti i territori interessati e di un’azione concertata.

E soprattutto il cambiamento va condiviso e deciso coinvolgendo tutti i soggetti interessati, non può essere calato dall’alto.”

 

Serve un patto per il rilancio di Pordenone

 

 

 

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